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 STILLA N. 34 − Benessere organizzativo o motivazione?

                                                 dicembre  2003    

Si sta diffondendo presso organizzazioni pubbliche e private una nuova parola d’ordine: il benessere organizzativo.

La prospettiva è senz’altro ragionevole: se chi lavora sta bene, lavorerà meglio, di più, si preoccuperà a sua volta del benessere di coloro per cui lavora. Superiori, clienti, colleghi. E a macchia d’olio ne verrà un beneficio generale.

È senz’altro giusto e doveroso preoccuparsi di quello che una volta si chiamava (pur in una accezione più ampia) clima aziendale. Ma perché allora quando si parlava di queste cose la gente sorrideva? O forse oggi si devono fare i conti più spesso con depressioni e nevrosi che frenano la macchina organizzativa?

Queste poche osservazioni suggeriscono cautela nell'intraprendere sondaggi (chi mai riconoscerà di essere nel pieno benessere?) soprattutto se non si è sicuri di poter contare su una seria e persistente volontà diffusa (non solo del vertice) per investire sul clima. Facendo cose e non solo “comunicazione”.

E se non si è sicuri di disporre dei mezzi, che non sono tanto i quattrini quanto le capacità manageriali [1] (preferiamo non pensare a interventi di sostegno psicologico per situazioni patologiche), meglio immaginare queste cose prima di muovere le acque con dei check up.

E fare cose non vuol dire dare incentivi: strumento frusto se non c’è il clima giusto. Ma investire sulla MOTIVAZIONE. Che si basa sulla condivisione dei fini, sulla credibilità, sull’ascolto, sulla lealtà, sulla fiducia, sull’equità, sull'affidabilità, e, perché no, su un minimo di sicurezza o almeno di prevedibilità del proprio futuro.

E attenzione a non scivolare nel “volémmose bbene” e a non indulgere in facili equazioni: “benessere organizzativo = motivazione”.

Una corrente di pensiero sostiene che il benessere organizzativo sia garanzia di “miglioramenti di produttività, diminuzioni dell’assenteismo, maggiore flessibilità degli individui, bassa conflittualità, più elevate capacità di attrarre e trattenere le professionalità migliori e di gestire il cambiamento”.

Può essere tutto vero a patto che dopo il check up si mettano in atto tempestivamente le terapie. Tenendo conto che in questa materia  nessun sondaggio è asettico. Quantomeno produce aspettative.

Ecco perché la nostra esperienza ci suggerisce di usare metodi su misura e partecipati. Che non si limitano agli aspetti psicologici, ma che considerano anche quelli socio-organizzativi, ambientali e culturali. Ossia come vive e in che cosa crede veramente chi lavora. Perché fa o non fa. La MOTIVAZIONE tout court.

Un metodo che fa seguire subito alla fase conoscitiva un piano d'azione.

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